La Repubblica (Giorgio Vasta)

Publié le lunedì  3 aprile 2017
Mis à jour le domenica  25 marzo 2018

Frammenti di un’altra Europa

Giorgio Vasta

Robinson / La Repubblica

09 luglio 2017


Patrik Ourednik racconta il secolo breve del nostro continente attraverso un patchwork ironico e terribile: “La Storia è un fatto tragicomico. Ognuno ci trova il suo tornaconto”.


Apparso in Repubblica Ceca nel 2001, in Italia quattro anni dopo per :duepunti edizioni, Europeana. Breve storia del XX secolo di Patrik Ourednik è probabilmente il racconto più caustico, struggente e rivelatore del famigerato “secolo breve”. Di recente ripubblicato da Quodlibet (traduzione di Andrea Libero Carbone), nel dare forma al Novecento attraverso un’infilata di vicende pulviscolari, Europeana è prima di tutto uno strumento per misurare il tempo. Nella sua prospettiva le epoche sono il cesto in cui il sarto raduna gli scampoli di stoffa. Un brandello alla volta, Ourednik compone un patchwork comico e terribile che modifica in modo radicale la nostra percezione del ventesimo secolo. Dice oggi lo scrittore praghese:

«La Storia è un fatto tragicomico: ognuno quindi ci trova il suo tornaconto, i pessimisti così come gli spiritosi, oggi come quindici anni fa. Impossibile tentare di competere con la Storia, lei vince sempre, per definizione».

Europeana torna disponibile in un momento di particolare attenzione nei confronti di scrittori che osservano l’Europa da Est. Dal romeno Cărtărescu all’ungherese Krasznahorkai, dal bulgaro Gospodinov alla croata Ugrešić, questi scrittori, eterogenei nello stile, descrivono il Vecchio continente tramite un sottile disincanto.

«Quello che può accomunare i paesi che si trovano all’Est dell’Ovest, è la loro recente esperienza comunista – ci sono state numerose occasioni per constatare che il muro di Berlino è rimasto sempre al suo posto, anche un quarto di secolo dopo la sua caduta – e più in generale il fatto di essere i perdenti della Storia. Di certo un terreno fertile per coltivare disincanto e ironia; forse non la malinconia. Non credo però che questo basti a creare “uno sguardo da Est”: un Miloš Forman sarebbe potuto nascere in Belgio, e riesco anche a immaginare un buon soldato Sc’vèik nella battaglia di Caporetto».

Nei libri di Ourednik – pensiamo alle utopie raccontate in Istante propizio, 1855 o a Oggi e dopodomani, dove l’apocalisse è un gioco di società – ogni volontà è velleità, ogni progetto si consegna a un tragicomico fallimento: più che un discorso intellegibile, la Storia è una forma di balbuzie. Dice Ourednik, che dal 1984 vive a Parigi:

«Sono tra quelli che pensano che la civiltà occidentale nella sua configurazione umanistica e razionalista – come quella che si è progressivamente formata da cinque secoli a questa parte – viva le sue ultime ore. Che stia per diluirsi in un’altra realtà storica, in un altro immaginario simbolico. Molte cose di questa civilizzazione sopravvivranno, certo, ma la maggior parte dei nostri punti di riferimento scomparirà, a cominciare dalla nozione positivista dell’alterità. Il nostro sistema di parametri sarà sostituito da un altro che, ancora oggi, riteniamo inverosimile. Il processo d’altronde è già partito, e non si tratta di evoluzione della società ma di qualcosa di molto più profondo».

Se Europeana è una strategia per misurare il Novecento conferendo rilievo all’irrilevante e capitalizzando il negletto, ha senso domandarsi come questo criterio leggerebbe i primi anni del nuovo secolo.

«I “brandelli di fatti” di Europeana sono stati generati dal meccanismo che aveva innescato il racconto. Questo meccanismo si basava su una scommessa: fare a meno del narratore e sostituirlo con il linguaggio. Quindi mi ero chiesto quali parole sarebbero state suscettibili di dire il XX secolo; ne avevo identificate tre, precipitazione, infantilismo, scientismo; a questo punto dovevo scrivere un testo precipitato, Infantile e gergale. E oggi? Conserverei l`infantilismo, sempre fecondo, e gli affiancherei il politicamente corretto. In origine si trattava di un concetto meritevole: nessuno può contestare che è inopportuno ferire la sensibilità di qualcuno per il solo motivo di fare del male. In quanto principio individuale, il politicamente corretto è un principio virtuoso. Ma dopo essere passato dalla sfera privata a quella ideologica, dopo essere diventato dottrina e base di legislazione, il politicamente corretto ha generato un mostro particolarmente spaventoso: una continua e onnipresente autocensura. Quindi se dovessi riprendere la strategia di Europeana per parlare del presente, dovrei scrivere, secondo ogni logica, un libro autocensurato».


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